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Mīzān: L’Islam dell’equilibrio in un mondo che vive di estremi

  • Immagine del redattore: Nora Amati
    Nora Amati
  • 10 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

Il mondo contemporaneo è invaso da rumori assordanti, spesso fastidiosi, quasi apocalittici.

Tutti cercano di farsi sentire, ma più il rumore aumenta, più l’equilibrio su cui ci sosteniamo, personale e comune, si incrina.

Solo pochi detengono la vera conoscenza: individui capaci non solo di orientare e guidare, ma anche di mettere in discussione le nostre convinzioni più radicate. Secondo la tradizione islamica, Allah si rivolge unicamente a coloro che sanno ascoltare, a chi si muove nel silenzio e riconosce la dimensione sacra dell’assenza di suoni. Il silenzio, in questa prospettiva, non è mera quiete, ma uno spazio epistemologico e spirituale in cui si forma la consapevolezza.

Chi ne fa esperienza osserva con introspezione e discernimento, senza cedere al giudizio. In tal senso, il silenzio diventa uno strumento di conoscenza: dissipa le menzogne generate dal caos, cura le ferite interiori e riapre l’accesso a un orientamento etico e spirituale che la modernità, in gran parte, ha smarrito.

Il cammino autentico è quello che riconduce a Dio. Non è un sentiero di distruzione, ma una via di equilibrio, di misura e di armonia. L’Islam è Mīzān: il principio che regge l’universo, il respiro che mantiene ogni cosa nella sua giusta posizione. Camminare nel Mīzān è come avanzare su una corda tesa tra cielo e terra, con l’anima come bilanciere. Ogni passo richiede consapevolezza, ogni gesto custodisce una scelta: non oltrepassare il limite, non spezzare l’ordine. In questo equilibrio fragile e sacro risiede la vera libertà — quella che nasce dal riconoscere la propria dipendenza dal divino. Oggi, il principio del Mīzān è sistematicamente violato: nell’individuo, nelle società, nelle relazioni con la Natura. La corda si è arrovellata su sé stessa e nessuno riesce a disfare il nodo.

Il nostro mondo materiale ha usurpato i confini del sacro. L’eccesso, la sopraffazione, l’ingiustizia e la menzogna hanno spezzato il Mīzān, come un ramo di un albero che a furia di tirarlo marcisce lentamente, morendo sul sottosuolo umido e bagnato di una giornata di novembre, mese in cui tutto è destinato a trapassare per ritornare alla sua natura. Anche gli esseri umani sono inciampati in un fosso di apatia condivisa, e la risalita, ora è ardua, se non addirittura impossibile.

Il Corano preannuncia il declino dell’umanità soltanto quando la guida divina viene ignorata; al tempo stesso, tuttavia, offre costanti e insistenti occasioni di ritorno, invitando l’essere umano a ritrovare la retta via e a riallinearsi all’ordine voluto da Dio.

La domanda che si dovrebbe porre, allora, è inevitabilmente provocatoria: perché non scegliamo di rialzarci?

Il ritorno all’equilibrio richiede un gesto di rottura, una revisione radicale del nostro modo di vivere, delle priorità che abbiamo scelto e delle strutture economiche alle quali, quasi senza accorgercene, abbiamo consegnato la nostra libertà. Ci siamo auto schiavizzati, illudendoci di essere padroni. I desideri effimeri, gli interessi egoistici e il bisogno compulsivo di apparire ci hanno resi pigri nella menzogna, anestetizzati da un oblio che ci separa sempre più dalla verità. Così, mentre inseguiamo ombre, dimentichiamo la sostanza: la quiete che nasce dall’essere in equilibrio con Dio, con noi stessi e con il mondo.

La saggezza del Corano non è un codice obsoleto: è una guida etica, sociale e spirituale, un richiamo a vivere entro limiti precisi, a praticare la giustizia, l’umiltà e la moderazione. Solo riallineando le nostre vite al Mīzān possiamo ricostruire, forse, ciò che è stato distorto.

La stabilità dell’asse, intesa come principio universale, non appartiene solo all’Islam. Cristianesimo, Ebraismo, Induismo, Buddismo e tradizioni indigene enfatizzano anch’essi la giustizia, l’armonia e la misura come fondamenti di una vita autentica. Questa convergenza evidenzia una verità essenziale: il Mīzān non è negoziabile. È un principio divino, una responsabilità collettiva, un criterio imprescindibile per rigenerare il mondo, individualmente e socialmente.

“E il cielo, Egli lo ha innalzato, e ha posto la bilancia, affinché non trasgrediate nell’equilibrio. Stabilite dunque il peso con giustizia e non alterate la bilancia.”Sura ar-Raḥmān (55:7–9)


“Noi porremo le bilance della giustizia nel Giorno della Resurrezione, e nessuna anima subirà torto. Anche se vi sarà il peso di un granello di senape, lo porteremo alla luce.”Sura al-Anbiyā’ (21:47)

 

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