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Il Corano e l’arte di elevarsi oltre la miseria

  • Immagine del redattore: Nora Amati
    Nora Amati
  • 7 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Bismillah.

Il Corano non suggerisce mai che l’essere umano sia destinato a vivere in condizioni misere o sfavorevoli. Nella trama sottile della creazione, tutto indica il contrario. Così come certi fiori sbocciano in angoli inattesi di un giardino, cercando la luce più adatta, anche l’uomo è chiamato a orientarsi verso luoghi e contesti che nutrano la sua crescita e il suo benessere interiore.

Nella visione islamica, l’anima è naturalmente attratta da ciò che è puro, elevato, luminoso: la preghiera (ṣalāh), il dhikr — il ricordo di Dio — e la recitazione del Corano sono gli strumenti attraverso cui essa si purifica, ritrova sé stessa, ritrova la pace. Gli ambienti colmi di serenità, come una moschea silenziosa, un paesaggio naturale, un luogo in cui si percepisce la Presenza, favoriscono questo movimento verso il centro, verso la quiete più profonda. Come recita il Corano:

«O anima tranquilla, torna al tuo Signore, compiaciuta e accolta.» (Sura al-Fajr 89:27-28)

Ciò significa che l’anima riconosce istintivamente ciò che le porta serenità e compimento spirituale, mentre ciò che la allontana dal bene genera inquietudine. L’Islam invita dunque a cercare ciò che nutre e libera l’anima, e ad abbandonare ciò che la ferisce o la limita.

Eppure, la percezione comune è spesso deformata: molti rimangono in situazioni sfavorevoli credendo che quella sia la volontà divina. Ma Allah desidera il bene per ogni essere umano e, attraverso gli eventi della vita, invita ciascuno a distinguere ciò che è salutare da ciò che non lo è. Il Corano lo ricorda con parole chiare:

Sura al-Baqara 2:216: «Può darsi che detestiate qualcosa che è un bene per voi, e può darsi che amiate qualcosa che è un male per voi. Allah sa, e voi non sapete.»

Sura al-Mā’ida 5:100: «Dio desidera per voi facilità, non difficoltà.»

Sura al-An‘ām 6:54: «Dio desidera rendere chiari i Suoi segni affinché comprendiate e siate guidati.»

Versetti che affermano con forza che nessuno è chiamato a rimanere nel dolore: cercare attivamente il bene è un dovere, tanto personale quanto collettivo. Purtroppo, culture e società hanno talvolta deformato il significato originario del testo sacro, trasformandolo in uno strumento di rassegnazione invece che di liberazione.

In realtà, il Corano innalza l’essere umano verso il Bene, ricordando che la via di Allah è la fonte stessa della vita e la guida più sicura dell’esistenza. Le sue parole sono strumenti di orientamento, un vero “manuale dell’anima”, più necessario di qualsiasi guida tecnica creata dall’uomo: se per far funzionare una macchina complessa serve comprenderne ogni meccanismo, quanto più necessario è conoscere la struttura profonda del proprio cuore.

Il senso dell’esistenza, nella prospettiva islamica, è vivere secondo Dio, compiere il bene, purificare il proprio sé: ogni prova, gioia, perdita o conquista contribuisce alla crescita spirituale e prepara alla felicità eterna. Il messaggio è universale. Il Corano si rivolge all’umanità intera, senza distinzioni di etnia, tribù o cultura, come ricordano i versetti:

Sura al-Baqara 2:213: «Gli uomini formavano un’unica comunità; poi Allah inviò i profeti come guide…»

Sura al-Ḥujurāt 49:13: «O uomini! Vi abbiamo creati da un maschio e una femmina, e vi abbiamo fatti popoli e tribù affinché vi conosciate. In verità, il più nobile fra voi, presso Allah, è il più pio.»

Il Corano riconosce le altre tradizioni monoteistiche e i loro profeti — Abramo, Mosè, Gesù — sottolineando che giustizia e rettitudine contano più dell’appartenenza religiosa (Sura al-Baqara 2:62). Affida a pietà e bontà il ruolo di metro universale, valido per uomini e donne, ricchi e poveri, schiavi e liberi (Sura An-Nisā’ 4).

Alla luce di ciò, è evidente che l’essere umano non è creato per rimanere in condizioni che danneggiano la sua anima. L’Islam guida verso la libertà, la crescita e la felicità spirituale. Ma l’umanità deve ancora imparare a far risuonare in sé questa verità.

L’unità dell’umanità tra Rivelazione e Scienza

La scienza moderna, sorprendentemente, restituisce un’eco della visione coranica dell’unità umana. La genetica e l’antropologia molecolare hanno dimostrato che tutti gli esseri umani condividono una stessa origine: il DNA umano è identico al 99,9% tra individui di ogni parte del mondo. Le differenze visibili, come i colore della pelle, degli occhi e dei capelli, sono variazioni minime, superficiali. La struttura fondamentale resta la stessa.

Gli studi indicano che l’umanità discende da un gruppo ristretto di antenati africani vissuti circa 200.000 anni fa. La teoria dell’“Out of Africa” conferma così l’unità biologica della specie umana: un’unica radice, da cui si sono diffusi tutti i rami della grande famiglia umana.

Questa scoperta scientifica dialoga perfettamente con il versetto:

«O uomini! Vi abbiamo creati da un maschio e una femmina e vi abbiamo fatti popoli e tribù affinché vi conosciate…» (Sura al-Ḥujurāt 49:13)

Così come la biologia ricorda che condividiamo lo stesso patrimonio genetico, il Corano sottolinea che la vera nobiltà risiede nella pietà e nella giustizia, non nel colore della pelle, nell’origine geografica o nella classe sociale. Siamo, in sostanza, una sola famiglia, un’unica umanità.

E proprio come l’anima che ricerca la serenità, anche l’essere umano può muoversi, scegliere, crescere, trasformarsi, senza restare prigioniero di condizioni che lo rendono infelice. Scienza e Rivelazione concordano nel riconoscere la dignità, l’unità e il potenziale spirituale di ogni individuo.

Alhamdulillah.

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